C’era un tempo in cui X Factor – appuntamento musicale sottoforma di talent e condotto da Francesco Facchinetti – andava in onda sulla Rai. Era un ottimo programma già nella sostanza: idea non troppo nuova ma di sicuro appeal – la musica – un genere (quello del talent) sicuro e “affidabile”, un target (quello di Rai 2) anche esso di fedelissimi. Correva l’anno 2008, e il talent era un programma di punta, destinato a sfatare il mito che la musica in televisione non avrebbe trovato quei numeri fondamentali per convincere gli investitori pubblicitari.
Nel frattempo di acqua sotto i ponti ne è passata: si sono avvicendati giudici, cantanti, categorie, vincitori, direzioni artistiche, e il programma è cresciuto sia di bellezza visiva (regia, coreografie di Luca Tommassini, interpreti di successo) e, ahimè, anche di polemiche all’interno del programma stesso, ma anche nei dibattiti generali dalle rubriche televisive Rai, Extra Factor e X Factor – Il processo , figlie dirette del programma. E X Factor ha sempre retto, trascinandosi anche in Italia il successo del suo padre putativo americano (The X Factor, appunto), anche se ha perso di appeal, di impatto, arenandosi nella quarta edizione, quella con le classiche derive reality e con il calo di ascolti. La crisi, poi, gli ha dato la mazzata finale, “costringendo” la Rai a vendere il format.
Oggi, dopo cinque edizioni, X Factor è approdato su Sky 1, dove sta facendo registrare il record di ascolti per la rete satellitare dopo i risultati raggiunti dal programma di Fiorello, Fiorello Show: 1.070.872, con una permanenza del 50%. Se si aggregano i dati di Sky 1 con quelli di Cielo, canale grazie al quale X Factor va onda anche sul satellite, poi, i risultati complessivi sono molto maggiori, indice che il successo del programma è ben lontano dall’essere svanito, come forse molti pensavano in casa Rai.
Dati a parte, ciò che stupisce è la fattura del programma, uno dei pochi esempi di “bellezza” televisiva, sia in termini di narrazione sia in termini di tecnica. Le storie dei casting (si, perché il live non è ancora andato in onda e il boom di ascolti riguarda esclusivamente i provini per scegliere i 12 finalisti), infatti, sono storie che fanno ridere, appassionano e commuovono, ovviamente chi sceglie un tipo di programma simile.
I giudici, poi, sembrano aver trovato un’armonia tra loro, che è figlia diretta della passione per la musica e della collaborazione per qualcosa di “reale”: cercare l’x factor, il talento della quinta edizione. Sul versante tecnico, infine, da segnalare il montaggio della casa di produzione Magnolia, un mix sapiente di musica, effetti grafici, color correction e riprese mozzafiato. X Factor, dunque, è un ottimo appuntamento: ha ritrovato la sua formazione iniziale a metà e ha integrato il resto con due personalità divertenti e competenti, ha trovato un presentatore discreto e professionista e dei potenziali talenti, scartando quei “soggetti” dal sicuro fascino per la macchina reality ma oggettivamente meno bravi.
X Factor ha trovato, in definitiva, quel posto dove potersi esprimere al meglio: casa Sky.
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