Quando parliamo di seno che ha subito un intervento di chirurgia plastica non dobbiamo dimenticare che, per seno rifatto, si intende sia l’aumento che la diminuzione di volume.
L’intervento di mastoplastica è sempre invasivo che sia additiva o che sia riduttiva. Stranamente a quello che si potrebbe pensare, la riduzione del seno rende difficile l’allattamento materno. In particolare l’areola e il capezzolo vengono rimossi e reimpiantati, questo provoca la perdita di sensibilità e quindi l’impossibile funzione nutritiva del capezzolo in fase di allattamento.
Se, invece, si effettua un intervento di inserimento di una protesi (additivo), l’areola non viene coinvolta nell’operazione poichè la “tasca” per la protesi si trova dietro al muscolo pettorale.
Paradossalmente chi riduce il seno per problemi e fastidi gravi, si trova a pagarne le conseguenze al contrario di chi lo aumenta per piacere sessuale o per estetica.
Certo, questo non significa che le donne sottoposte ad intervento di aumento di volume producano latte come quelle che hanno il seno naturale. Il più delle volte, infatti, la produzione di latte è comunque bassa rispetto al fabbisogno giornaliero del bambino.
E’ possibile però anche il contrario: un seno ingrandito che produce molto latte potrebbe causare lo scoppio della protesi, con conseguente intervento per riparare il danno.
In generale un seno non sottoposto a qualsiasi tipo di chirurgia allatta per almeno tre mesi, quindi il mio consiglio è: se potete evitare l’operazione fatelo, pensando al benessere del vostro corpo e dei vostri figli.