Say No To Violence: non un semplice “no” alla violenza contro le donne!

Stamattina ho comprato diversi giornali per vedere come avrebbero ricordato che oggi, 25 novembre, è la dodicesima Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, indetta dall’ONU nel 1999. Se non ci pensa la stampa a raccontare queste cose a chi toccherebbe farlo? Alla TV forse? Oppure è ancora una volta roba da Blogger? O da incontri culturali nei centri sociali?

Io sono una donna “di carta”, il Web va bene, è potente, ma ancora non mi rassegno a dar perso il potere “(in)formativo” dei giornali. In ogni modo comincio da “La Repubblica”, che mi ringalluzzisce posizionando in prima pagina un riquadrino che rimanda ad un corsivo di Michela Marzano (Docente di Filosofia Morale e Politica all’Università di Parigi e studiosa dell’uomo, come essere carnale e fragile, nonché autrice di molti saggi), che prosegue a pagina 40, tra le varie  lettere. Ovviamente dopo la sezione Economia e la Finanza, e poco prima della Guerra ai Tabloid di Hugh Grant. Uhm. Afferro poi “Il Corriere” carica di speranza, ma scartabellando un po’ arrivo all’inserto locale senza trovare nulla: mi innervosisco e procedo di fretta, ma pare che nessuno ci abbia pensato.

Rimane “La Stampa”. Non ho detto che la mia sarebbe stata una rassegna assoluta, diciamo che ho voluto sbirciare alcuni tra i quotidiani di facile reperibilità da cui mi aspetterei qualcosa. Ecco La Stampa, pubblica un intervento piccolo piccolo, sempre nella parte dedicata a lettere e conclusioni di corsivi, di Michelle Bachelet, Direttore Esecutivo di UN Women. Di che si tratta? Vado al sito saynotoviolence e mi si apre un mondo. Come prima cosa mi iscrivo: rimango affascinata da quella che chiamano una “Global Call for Action”. Tutti hanno valore, tutti possono “intraprendere un’azione”. E basta iscriversi con nome cognome e mail per vedere che il counter in home page che segna 2.130.519 actions include anche la tua. Ho fatto la prova, è vero. In qualche modo, seppure espressamente da numero, ho inciso sulla storia.

UN Women supporta questa campagna di comunicazione globale in tutte le sue forme, e nel farlo non solo registra e denuncia quello che succede in tutto il mondo, perché nessuno possa più dirsi innocente, ma si occupa anche di prendere provvedimenti, con il supporto del Fondo Fiduciario delle Nazioni Unite, che finanzia la maggior parte degli interventi di aiuto. Tornando alla nostra Michele Bachelet, il suo inizio è fulminante, una denuncia di tutta la rassegnazione connivente e dell’abuso trasformato in altruismo: ricorda un proverbio cileno che recita “Quien te quiere te aporrea / Chi ti ama ti picchia”.

Quante donne si sono sentite in colpa per essersi ribellate ad uomini che proclamavano amore e alzavano le mani? Questo pensiero è un veleno che inquina la nostra cultura. E si affianca all’abuso di politico, militare, allo stupro come arma di conquista, oggi finalmente riconosciuto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite come crimine di guerra e quindi perseguibile.

Ma a parte questo la mia domanda è no violenzaun’altra: perché la Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne è stata relegata così in fondo, poco prima della cultura? E per essere raccontata con pacatezza e in caratteri minuscoletti? Non è forse argomento di attualità?

Non so, parliamo ad esempio dell’Egitto, che mi pare sotto i riflettori in questi giorni: non è notizia attuale quella delle molestie sessuali e delle percosse inflitte dai poliziotti alla blogger Mona Eltahawy, con cittadinanza egiziana e statunitense, arrestata mercoledì e trattenuta per dodici ore al Ministero dell’Interno? E sto citando di nuovo La Repubblica, ma di pagina 19. Non sono argomenti differenti. È sempre la stessa cosa, e non solo una questione morale e di costume. Perché non dare dignità e voce anche a tutte le altre? L’urgenza è pressante, mi sembra. Se il counter del sito saynotoviolence segnalasse anche le morti e le violenze in corso, una dopo l’altra, penso che si muoverebbe più velocemente rispetto a quando cambia cifra per un gesto di approvazione come il mio.

Eppure l’argomento “Violenza contro le Donne” ha ancora un che da “riserva indiana”, da problema di accademia, fa pensare a cose troppo tristi, un po’ noiose, che non vogliamo vedere, a centri di recupero, a lunghi dibattiti di vetero_femministe, è un tema che fa vendere i giornali solo quando il sangue è ancora fresco e il cadavere caldo. Si dovrebbe cercare di capire come mai. E dire che l’organizzazione di Say No ha acchiappato come testimonial addirittura la Kidman che un po’ di facile appeal dovrebbe garantirlo.

E noi donne dovremmo anche cominciare ad essere stanche di quegli uomini che oggi hanno detto e diranno che “si vergognano di esserlo” e che pubblicheranno magari una foto o un commento al riguardo. Molti sono proprio gli stessi, gli uomini comuni, che con questo “beau geste” tendono inconsciamente a lavarsi la coscienza da un comportamento mortificante. Si sa da tempo che l’Uomo Violento non è più solo un pazzo, un mostro, un poveraccio. L’Uomo Violento si nasconde dentro ad un uomo qualunque, un medioman, che reagisce così per paura di perdere il controllo, per rabbia, per frustrazione, ha studiato bene  il copione tipo della virilità. E conosce bene il proverbio cileno citato sopra. Anche se non lo sa.  Come quei razzisti che sostengono la parità e l’uguaglianza, poi al momento dei fatti continuano a preferire l’assunzione, o la compagnia, di qualcuno del loro stesso colore o orientamento sessuale.

Qualcuno mi dirà che anche le donne sono scorrette verso gli uomini quando si tratta di sfumature, di relazioni, di condizioni non sempre quantificabili o caratterizzate da parametri oggettivi. Certo è vero, ma a questi rispondo che la violenza sessuale, ad esempio, va in una direzione ben precisa, oggettiva. Maschi o femmine che si sia, non basta una Giornata, occorre un allenamento costante, spesso una rivoluzione di pensiero che scardini convinzioni che galleggiano nel nostro DNA e non per motivi naturali. Bisogna entrare nelle scuole, parlare con gli adolescenti, favorire l’istruzione femminile e l’accesso a posti di potere per le donne. E qui comincia un altro capitolo importante.

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