Venticinque anni come onesta “gattara”, e sono bastati solo cinque miseri minuti per trasformarmi in “apprendista_canista”. Ci si abitua a tutto, ai minuscoli chihuaua delle starlettes, ai commissari Rex, alle leziose (e quasi immorali) minicollezioni di cappottini e accessori Pet friendly.
E ci si abitua pure a chi – stufo di “sussurrare ai cavalli” – comincia addirittura a “sussurrare ai cani” (chi non ha mai sentito parlare di Dog Whisperer, trasmissione di psicologia canina in onda su un famoso network e consigliata addirittura dai migliori veterinari, tra cui il mio?). Però, e la buona notizia è questa, non si avrà mai una giusta percezione del “Mondo Cane” (con buona pace di Mike Patton e del titolo della sua ultima raccolta) fino a quando un giorno non te ne depositano uno, con o senza fiocco, direttamente sullo stuoino di casa. E così fu.
Lola è arrivata espressa da Napoli, quest’estate, come conseguenza della focosa passione di un’amica che, avendo da poco perso il suo Arturo oggi funge da ” stallo” per cagnolini in cerca di padroni di casa. Stallo? Prima nuova parola del Gergo della Lobby Canide (mooolto esclusivo, e da lasciar cadere con il contagocce qua e là in una qualsivoglia conversazione, se si vuole fare effetto). Dicasi “stallo”, e i finisseur ora forse mi correggeranno, l’ospitalità offerta ad un quadrupede di passaggio in una città diversa da quella di provenienza (di solito da un canile) verso la sua nuova vita. Avete presente i tanti annunci che compaiono sui social network? Ed ecco anche le adozioni animaliste godono del successo di Facebook, ed è cosa buona.
Il mio fu un momento di debolezza e stordimento estivo davanti ad un cappuccino mattiniero: “Vuoi un cane?” “Sì, perché no?” Tutte le migliori decisioni le ho prese così, in un lampo. Afferrate senza ripensamenti e senza avere una pallidissima idea del meccanismo che stavo innescando. E anche ora non sapevo certo che nel mio “Sì, lo voglio” era implicito un fatidico “Apriti Sesamo” sociale, oltre che antropologico. E Lola fu. E fu sera e fu mattina. E l’Antico Testamento non aveva tutti i torti: prima che il cane potesse giacere accanto al gatto ce ne sarebbe voluto di tempo. Almeno fino al 2012 direi.
Così il Signor K., gatto paciosissimo, dall’attitudine quasi zen oserei dire, proveniente da un “gattile” lui pure (tutti selvatici in famiglia), non mostrava di gradire la nuova presenza. Ogni risveglio pareva una puntata di National Geographic. E la mia vita, in casa e fuori, ma soprattutto la mia attitudine cominciarono lentamente a cambiare.
E che dire del momento in cui, la mattina, arrivano e ti costringono ad alzarti, ficcando il loro nasino sotto le tue coperte?E’ un mondo speciale quello canino, fatto di sacrifici ma di indubbie soddisfazioni 🙂
in effetti una Francesca “canara” mi mancava, comunque il Signor K. sarà “diversamente gentilgatto”, ma secondo me gentilgatto rimane, e prima o poi assorbirà pezzetti della partenopea filosofia di vita della cana in questione…
Bacetti a te e ai pelosi
L'”apriti sesamo” sociale e antropologico lo vedo quotidianamente a casa dei miei genitori. Mio padre, nei miei anni infantili refrattario a qualsivoglia ingresso animale in casa (unica eccezione un immortale pesce rosso), è oggi un pensionato amorevolmente incatenato alle due gatte. Che, seppur meno bisognose di attenzioni di un cane, sono la sua aurea motivazione a non abbandonare la dimora neanche per una breve vacanza. Pet therapy per ex adulti…