Nacque giornalista, viene ricordato e morì come scrittore, uno dei più famosi e amati di tutti i tempi. Oggi l’Inghilterra e il mondo festeggiano il bicentenario della nascita di Charles Dickens, nato a Portsmouth, il 7 febbraio 1812.
In una recente biografia (Becoming Dickens) Robert Douglas Fairhurst descrive così l’autore: “Una strana, triste creatura, che era sempre in movimento ma non era mai certa se alla ricerca di qualcosa o in fuga da esso”. Dickens fu anche cronachista di viaggio e dovunque andasse commentava con una certa durezza e sempre con franchezza i luoghi e le persone. Una cattiva sorte spettò al Nuovo Mondo, quando lo scrittore, attraversato l’Atlantico nel 1843, lo trovò “Nazione volgare, grossolana e meschina”, “guidata da un branco di mascalzoni”, riservando poi lo stesso trattamento a Genova, dove però si fermò a vivere due anni: “Dev’essere la regina tra tutte le città dimenticate da Dio, ammuffite, tristi, sonnolente, sporche, pigre, malmesse. Sembrava di essere arrivati alla fine di tutto”.
Presso la ‘regina delle città dimenticate da Dio’ però visse e da lì si spostò in tutta la Penisola, riscontrando ovunque pareri negativi sullo stato di decadenza delle cose e delle persone. A Napoli rischiò la vita, poiché durante un’eruzione del Vesuvio volle affacciarsi nel cratere, tornando a casa (per miracolo) con gli abiti in fiamme. Solo di Firenze ha scritto: “Qui sopravvive la parte imperitura della mente umana … quando la tirannia dei molti, o dei pochi, o di entrambi, non è che un racconto, quando Orgoglio e Potere sono caduti insieme nella polvere”. Tuttavia, nelle sue Impressioni d’Italia Dickens conclude: “Lasciate che ci congediamo dall’ Italia, con tutte le sue miserie e le ingiustizie, affettuosamente, con la nostra ammirazione per le bellezze, naturali e artificiali, di cui è piena fino a traboccare, e con la nostra tenerezza verso un popolo, naturalmente ben disposto, paziente e di temperamento mite. Anni di abbandono, oppressione e malgoverno hanno operato per cambiare la sua natura e fiaccare il suo spirito; gelosie miserabili… sono state il cancro alla radice della nazionalità… ma il bene che era in esso c’è ancora, e un popolo nobile può, un giorno, risorgere dalle ceneri. Coltiviamo la speranza”.
Un po’ anche nostro quindi, questo Dickens, che ha portato al sapere dell’umanità alcuni dei classici più letti e amati di sempre: da Oliver Twist al Circolo PickWick, passando per Grandi Speranze e Canto di Natale, resta forse l’autore più riprodotto al cinema a teatro in albi a fumetti e in rivisitazioni in chiave moderna, David Copperfield è una delle lettura con cui tutti gli amanti della letteratura prima o poi si confrontano. Ha vissuto un periodo di cambiamento radicale, nell’800 laborioso e ottimista, pieno di fervore intellettuale e politico per tutta l’Europa. Ha raccontato la miseria e il riscatto entrando per sempre nella storia. Riuscendo ad unire il filone picaresco a quello sentimentale è stato battezzato dalla critica letterario ‘inventore’ del romanzo sociale.
Muore per emorragia cerebrale il 9 giugno del 1870 e viene sepolto nell’abbazia di Westminster nel Poets’ Corner, l’angolo dei poeti. Un cratere di Mercurio porta il suo nome.