Dov’è finito questo senso di potere legato alle mestruazioni? Oggi tante donne e tanti uomini non hanno neppure il coraggio di chiamarle con il loro vero nome. E allora la donna in fase mestruale ha “le sue cose”, “l’armata rossa” o è “in quei giorni”, “indisposta” oppure sussurra con gli occhi bassi “mi sono arrivate”.
È difficile parlare di mestruazioni. D’altro canto, i messaggi che ci circondano ci invitano a mascherarle, nasconderle, anche per via del sangue: il sangue mestruale è l’unico tipo di sangue non indotto da trauma. Tuttavia, nella cultura moderna si tratta del più nascosto, di quello di cui si parla meno e che non si vede quasi mai se non in privato, tra donne, che si rinchiudono in piccole stanzette per cambiare l’assorbente in tutta fretta e, in qualche caso con disgusto, avvolgono il cotone insanguinato in un pacchetto di carta perché non lo veda nessuno, storcono il naso all’odore mentre gettano via e ripuliscono ogni traccia. Il sangue è ovunque, eppure l’unico nome che non ha mai avuto è proprio sangue mestruale (Grahn, 1993).
La donna che ha le mestruazioni tende o viene indotta a condurre in quel periodo una vita “normale”, a far finta di niente, a mantenere i ritmi di tutti i giorni, pena il sembrare più fragile degli uomini, tradendo tanti anni di lotte per far capire al mondo che le donne sono più del loro utero. In generale, si considera il ciclo come una grandissima rottura di scatole. Soprattutto per via del dolore! Il dolore… Fin da bambine ci dicono che è normale soffrire durante le mestruazioni. Ma è proprio vero? Non è forse che il dolore ci sta dicendo qualcos’altro oltre al fatto che è “naturale” soffrire durante il ciclo?
Per esempio, che stiamo conducendo una vita troppo stressante, che non ci ascoltiamo abbastanza, che non ci prendiamo abbastanza cura di noi stesse? E invece tendiamo a fermarci all’aspetto “patologico” delle mestruazioni interiorizzando un concetto prevalentemente negativo dell’esperienza mestruale.
Cosa c’è dietro questo sentimento di vergogna a parlare di mestruazioni? Com’è possibile che si sia arrivati a disprezzare qualcosa che un tempo veniva considerato sacro? Non è forse proprio la sacralità, il potere che si cela dietro al ciclo a fare tanta paura? Perché le donne non sono più in contatto con questo potere? Disprezzare le mestruazioni significa esprimere disgusto per il corpo femminile e quando sono le donne stesse a svalutarsi come si può sperare nella parità dei sessi?
Ho sempre sofferto molto di sindrome premestruale, vivendo quei cinque giorni con rabbia e scocciatura. Lo yoga, i massaggi, un’alimentazione ad hoc, gli antidolorifici non erano mai abbastanza. Ho voluto allora indagare più a fondo (non con le ecografie, quelle erano già state fatte) e nel mio viaggio di ricerca ho incontrato un libro, Mestruazioni di Alexandra Pope, che consiglio a chi voglia, donne e uomini, scoprire la forza femminile che il ciclo mestruale porta con sé. Il viaggio intrapreso mi ha aiutata non solo a pensare in modo diverso alle mestruazioni, accogliendole, ma anche a svelare ed apprezzare le mie potenzialità, conoscere me stessa.
Riprendere contatto con noi stesse, a partire anche o proprio dal nostro corpo, non è forse la prima via per raggiungere una piena consapevolezza del femminile? Per recuperare il potere?