La maggior parte di noi pensa che lavorare troppo e duramente può portare solo al successo e ad una promozione. Tuttavia, un nuovo studio condotto presso l’università di Padova ha dimostrato che il “workaholism” è dannoso, non solo per la salute dei lavoratori, ma anche per le loro prestazioni in ufficio.
Oltre ad aumentare la tensione psicologica e fisica, il superlavoro riduce la qualità del lavoro e aumenta i giorni di assenza dal lavoro, per malattia.
La notizia è stata riportata dal tabloid DailyMail, che spiega il concetto di “workaholic”; il termine delinea un individuo che lavora, in maniera ossessiva e compulsiva, facendo straordinari e portando a casa il lavoro; il workaholic manifesta un attaccamento emotivo al proprio lavoro e ha troppo poco tempo per riprendersi dallo stress.
Gli sforzi, che si applicano nel posto di lavoro, devono essere, solitamente, seguiti da un adeguato periodo di rilassamento fisico e mentale, una sorta di recupero per garantire la salute e la funzionalità ottimale.
Il gruppo di ricercatori dell’università di Padova ha esaminato 322 lavoratori in una società privata, per 15 mesi. Ogni lavoratore ha completato dei questionari, per definire i tratti da “maniaci di lavoro”; il loro sforzo psicofisico è stato misurato attraverso rapporti medici, valutazioni delle loro prestazioni da un supervisore e il numero di giorni di assenza per malattia.
Il “workaholicism” è stato associato alla tensione psicofisica, che a sua volta è legata allo scarso rendimento e ad un numero maggiore di assenze per malattia.
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