I dati Cun (Consiglio universitario nazionale) parlano chiaro: il numero degli iscritti alle università è calato e l’Italia si trova dopo gli Stati Uniti e il Canada con solo il 32% di diplomati interessati a proseguire gli studi. Una percentuale spaventosa dovuta ad una serie di problemi organizzativi.
La maggior parte dei diplomati ritiene di perdere tempo iscrivendosi all’università, vista la difficoltà di trovare lavoro al termine degli studi. Il ragionamento non è del tutto sbagliato: studiare 3 o 5 anni corrisponde all’inserimento posticipato nel mondo del lavoro e, di questi tempi, significa rimanere disoccupati. Diverso è per chi frequenta l’università per cultura personale e nel frattempo lavora part time. Attenzione però a non aspettarsi ruoli migliori dal proprio capo dopo aver conseguito la laurea. Paradossalmente, lavorano più i diplomati dei laureati. Forse perché non hanno grandi aspirazioni e si accontentano anche dei ruoli semplici o, forse perché chi è in alto preferisce avere dipendenti capaci, ma non più di lui.
Il Ministro del Lavoro afferma che in Italia c’è lavoro e che siamo noi giovani a non approfittarne perché cerchiamo un posto fisso inerente al nostro corso di studi. Da disoccupata rispondo: “Come fa un neolaureato a lavorare se gli annunci richiedono esperienza di almeno due anni e nessuno ci fa fare questa esperienza? E perché questi annunci rimangono in standby per mesi senza neanche informare il candidato che il suo cv è stato scartato?” Il discorso è semplice, gli annunci sono una facciata per nascondere la lunga lista di raccomandati che devono avere quel posto di lavoro. Per non parlare delle agenzie interinali che fanno finta di cercare lavoro agli iscritti o li “spediscono” a fare colloqui non idonei al proprio titolo di studi.
Racconto un episodio di un mio caro amico laureato in Economia Aziendale e specializzato in Marketing con esperienza di maneggio denaro di otto anni. “Subito dopo la laurea s’iscrive a varie agenzie interinali, invia curriculum alle banche, alle società più grosse e più piccole ma nessuno risponde. Un giorno finalmente arriva una telefonata che gli dice di trasferirsi immediatamente a Milano per essere inserito in banca. Dopo aver fatto i bagagli, saluta la sua città soleggiata per andare al freddo del Nord, convinto che la sua vita avrà presto una svolta positiva. Arrivato a Milano, trova casa e si reca a fare il secondo colloquio con il direttore che lo ritiene già parte del team e dice che la segretaria lo chiamerà per la firma del contratto…”.
Come avrete capito, la telefonata non è mai arrivata, il mio amico è rimasto un mese a Milano, poiché aveva già pagato l’affitto, ha cercato altri lavori, ma con risultati più che deludenti e, infine, è tornato in Puglia.
Questa storia vera è da raccontare al nostro caro Ministro e a tutti coloro che dicono che al Nord si trova lavoro. Io dico: non demordete, perché alla fine il nostro amico pugliese ha trovato un lavoro nella sua regione e migliore di tutti quelli che gli avevano proposto.
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