A quasi cinquantanni dalla teorizzazione della Particella di Dio, i due fisici teorici Peter Higgs e François Englert hanno ottenuto il Premio Nobel per la Fisica.
La teoria ha così vinto sulla pratica, perché se nel 1964 i due scienziati teorizzarono l’esistenza di una particella che con il suo campo conferisce una massa a tutte le altre particelle e quindi fa esistere l’universo così come lo conosciamo /per questo definita “di Dio”), è stato nel 2012 che gli scienziati del Cern di Ginevra, grazie a due esperimenti con la gigantesca macchina LHC (Larg Hadron Collider), hanno effettivamente trovato la particella (gli esperimenti si chiamano Atlas e CMS).
Il Cern quindi è rimasto con un po’ di amaro in bocca, dal momento che il Nobel può premiare solo tre persone per volta e non c’era spazio quindi per i due vecchi teorici e per altrettanti nuovi sperimentali.
I terzo Nobel poteva andare in effetti a Robert Brout, il terzo scienziato che con Higgs e Englert, aveva teorizzato l’esistenza della “particella di Dio”, ma il prestigioso premio si vince anche grazie alla longevità, e Brout, scomparso nel 2011 all’età di 83 anni, partiva in svantaggio. Ad oggi infatti i suoi colleghi Higgs e Englert hanno rispettivamente 83 e 84 anni.
La scoperta, il finanziamento, il sostentamento e in generale la possibilità di un tale esperimento, sono stati possibili grazie al finanziamento dei Cern che viene dalle tasche dei cittadini europei, dai circa cinquemila fisici, ingeneri e tecnici coinvolti negli esperimenti Atlas e CMS, dai responsabili dei detti esperimenti Fabiola Gianotti e Joseph Incandela e infine dal LHC. Il Nobel però è andato ai due simpatici e svegli vecchini, che, ultraottantenni hanno visto coronare la loro carriera di scienziati con il prestigioso premio e con l’intitolazione della “particella di Dio”, da oggi chiamata “particella di Englert-Higgs-Brout”.
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