Smaltite le sbronze di film, conferenze e tappeti rossi il Festival del film di Roma è ormai concluso, e dopo qualche giorno di meritato riposo è venuto il momento di riflettere un po’ sui vincitori di questa sesta edizione. Partiamo dal film portato in trionfo all’Auditorium.
Ogni anno c’è un film che si distingue per il cast, la regia, la storia. L’anno scorso quel film, In a Better World, è arrivato fino agli Oscar, quest’anno il vincitore che ha messo d’accordo sia la giuria d’eccellenza presieduta da Morricone, che il pubblico dell’Auditorium, è stata una commedia dolce amara, Un Cuento Chino, specie di compendio interculturale che illustra le modalità di comportamento nello spiacevole caso in cui un giovane cinese rimanga a casa vostra senza conoscere una parola della vostra lingua.
Come da migliore tradizione romana, la commedia, un po’ amara ma comunque divertente, riesce a far breccia nel cuore della giuria, portando a casa il Marc’Aurelio d’Oro per il miglior film. La cosa strana, che si verifica sempre molto di rado, è come anche il pubblico abbia premiato questo piccolo film, dalla fotografia sbiadita ma dal cuore grande. Inutile dire che i favoriti erano altri, a partire dal francese Une vie meilleure, con uno straordinario Guillarme Canet protagonista che però ha portato a casa un meritatissimo Marc’Aurelio al miglior attore. Accanto a Canet è stata premiata Noomi Rapace, per il thriller Babycall. L’attrice ha ricevuto il premio forse più per la sua generale bravura, che per l’interpretazione in questione, in realtà abbastanza monocorde.
La Giuria del Festival ha però sottolineato la sua ufficialità premiando uno dei film peggiori del Concorso di quest’anno con un Premio Speciale Marc’Aurelio a The eye of the Storm, film che vede l’avvicendarsi di tre istrioni del cinema e del teatro internazionale (Charlotte Rampling, Goeffrey Rush e Judy Davis) che si divertono per due ore a far vedere quanto son bravi. Regia di Fred Schepisi. Il Gran Premio della Giuria Marc’Aurelio è andato al bel film Voyez comme ils dansent di Claude Miller, che ha fatto realmente considerare per un po’ un possibile premio all’italiana Maya Sansa.
Premiato infine anche Hotel Lux, forse il migliore del Concorso, per la splendida colonna sonora firmata da Ralf Wengenmayr, e considerando che il presidente di Giuria era nientemeno che l’Ennio nazionale, il premio acquisisce un valore aggiunto.
Felici e contenti i premiati tornano nei loro Paesi d’origine, nessuno di loro rimane in Italia, un po’ perché il paese sta andando a rotoli, un po’ perché nessuno di loro è italiano, proprio così, l’Italia in concorso (i film di Avati, Cotroneo, Spada e Mezzapesa) sono rimasti a bocca asciutta, nonostante le lodi sperticate ricevute soprattutto dalla Kryptonite nella borsa di Cotroneo. Poco male, gli italiani se ne faranno una ragione, magari facendosi anche qualche domanda, e Cotroneo avrà sicuramente un pubblico bello vasto che riderà con lui nei cinema.