Il 2012 è stato disastroso per l’edilizia italiana: il rastrellamento di fondi per rientrare nei parametri dell’Unione Europea hanno minato un mercato fortemente in crisi che solo nello scorso anno ha registrato 446mila licenziamenti, che salgono a 669mila se aggiungiamo i settori satelliti dell’edilizia, e 11.117 imprese completamente fallite. Il trend del 2013 sembra lo stesso: gli investimenti, secondo le stime, registreranno un’ulteriore caduta del 5,6% rispetto al 2012. “Muore l’edilizia, muore la filiera” è questa la sentenza del rapporto dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili).
Il 2014 sarà l’anno decisivo. Gli scenari possibili che ipotizza l’associazione costruttori infatti sono due: senza legiferazione di settore, nel giro di sette anni gli investimenti calerebbero del 32,1%, ovvero “il tramonto dell’intero tessuto industriale dell’edilizia”; con delle leggi ad hoc invece lo scenario potrebbe essere diverso. S venissero messe in campo politiche di settore, le cose potrebbero cambiare, a partire dalla revisione dell’Imu, la messa a regime degli incentivi fiscali per ristrutturazioni e ecobonus e la riattivazione del circuito del credito. Solo così gli investimenti potrebbero tornare a crescere leggermente e con costanza, fino ad ipotizzare uno scenario ottimistico di un aumento del PIL dello 0,33% e di una creazione di 44.500 posti di lavoro.
Questo risultato prevede una premessa di spesa di “appena” 5 miliardi in infrastrutture. La manovra, portata a termine nell’arco di 5 anni, potrebbe addirittura ridurre la differenza tra debito e PIL.
Leave a Comment