Is Some homophobia self-phobia? Questo è il titolo di un articolo apparso sul sito dell’University of Rochester.
L’articolo ci riferisce degli studi condotti da un team dell’Università di Rochester, dell’Università di Essex, in Inghilterra, e della University of California a Santa Barbara. La ricerca sarà pubblicata sul numero di aprile del Journal of Personality and Social Psychology.
Quattro test separati sono stati condotti negli Stati Uniti e in Germania, coinvolgendo circa 160 studenti universitari. I risultati forniscono nuove prove a sostegno della teoria psicoanalitica che la paura, l’ansia e l’avversione che alcune persone, apparentemente eterosessuali, nutrono verso i gay e le lesbiche nascono da propri desideri omosessuali repressi.
In definitiva si cerca di dimostrare (ma già lo possiamo intuire dalla nostra esperienza quotidiana) che l’omofobia è più pronunciata nei soggetti che provano un’attrazione verso lo stesso sesso, ma che l’hanno sempre negata o addirittura non l’hanno mai riconosciuta; e, in più, che sono cresciuti con genitori autoritari che condannavano certi desideri considerandoli come peccato, come atti contro-natura, come perversione e malattia, o, più semplicemente, come qualcosa di disgustoso e sconveniente.
Il lavoro su se stessi e il cammino di consapevolezza, che nei miei post evoco regolarmente, in base al famoso motto greco “conosci te stesso”, viene citato anche nell’articolo dell’University of Rochester; ma in più esso sottolinea quanto tale lavoro-cammino sia difficile, soprattutto per ragazzi e ragazze o donne e uomini che sentono una certa attrazione per persone del proprio sesso in una società eterosessuale: “In a predominately heterosexual society, ‘know thyself’ can be a challenge for many gay individuals. But in controlling and homophobic homes, embracing a minority sexual orientation can be terrifying,” explains Weinstein. These individuals risk losing the love and approval of their parents if they admit to same sex attractions, so many people deny or repress that part of themselves, she said”.
Già, infatti sembra essere proprio questo il punto principale, cioè il rischio di perdere l’affetto e l’approvazione dei propri genitori, ancor prima, forse, di un disorientamento e di una destabilizzazione rispetto a se stessi.
Voglio dire, di fronte a certi impulsi e desideri una persona dovrebbe preoccuparsi principalmente di capire cosa sono questi impulsi, capire il perché e il per come, trovare un equilibrio nella percezione di se stessi e invece sembra che, ancor prima di questa preoccupazione, che è già grande, uno/una si preoccupa soprattutto di “cosa penseranno i genitori se venissero a scoprirlo”.
Conosco persone e ho amiche che sono devastate da questo timore. Timore che si è rivelato, una volta fatto il cosiddetto coming-out, molto più grande della realtà; esse sono state accettate e non respinte dalle persone che più amavano e alle quali più tenevano.
Non voglio ora allargare troppo il discorso perché è lungo e complesso (ci ritornerò ancora, e inoltre potete leggere altri post nei quali avevo già affrontato il tema dell’omosessualità Non abbiate paura delle coppie di fatto e Attratta da una donna: rapporti, emozioni e sensazioni a fior di pelle).
Qui vorrei semplicemente che riflettessimo, così come ci invita a fare l’articolo citato. Soprattutto dovrebbero riflettere le molte persone che in un certo qual modo sono o si sentono omofobe… ecco, a questi vorrei rivolgermi per invitarli a fare un piccolo “esame di coscienza”… perché, ripeto ancora una volta, conoscere se stessi è importante per avere una vita più serena e realizzata.
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