La donna amazzone è un archetipo e come tale voglio trattarlo qui. Non parlerò di fashion, della moda fatta da abiti con tessuti di pelle, o frange di cuoio, o stivali e stivaletti, ecc. Al di là degli intenti dell’industria della moda, che sono prettamente di tipo economico, il desiderio di indossare un capo stile amazzone è solamente espressione di un qualcosa che si ha già dentro. Che poi, certo, viene enfatizzato e “sdoganato” dalla moda.
E non parlerò nemmeno delle beghe di coppia, che stando alle statistiche sembra che il 30% degli uomini si lamentino dell’eccessiva aggressività della donna nei loro confronti. Le questioni matrimoniali e, più in generale, le relazioni con l’altro sesso sono anch’essere conseguenza, o meglio, espressione di ciò che già si ha dentro.
Quindi, sgombrato il campo, come si suol dire, da ciò di cui non parlerò qui, unicamente perché è conseguenza di una causa, ora dobbiamo capire meglio cosa ci sia sotto il modello della amazzone.
Innanzitutto l’epoca delle donne amazzoni come epoca nella quale le donne erano dedite alla guerra, alla cavalleria, al tiro con l’arco, ecc., fa parte della storia e non è semplicemente un simbolo astratto o un concetto. Se vi interessa saperne di più su quell’epoca vi rimando alla pagina di Wikipedia.
Bene, detto questo, arriviamo al nocciolo della questione.
Dalla storia, cioè dalla realtà e dall’esperienza, dall’agire, in definitiva, noi estraiamo modelli, che a lungo andare diventano archetipi.
Archetipo deriva dal greco ὰρχέτῦπος, dove tipos sta per “modello”, “marchio”, e arché sta per “originale”. Ora, ciò che pensava Jung, e ciò che pensa ancora molta parte della psicologia che ad esso si ispira, è che gli archetipi indicano le idee innate nell’inconscio umano (personale e collettivo) e hanno una derivazione mitologica. Secondo Jung e altri l’archetipo si manifesta come un simbolo che ha la forza di condizionare la vita delle persone; e il condizionamento deriva dalla sua intrinseca carica emotiva. (Detto proprio in sintesi).
Questa è la tipica visione magica della vita, la quale oltre ad alcuni benefici produce anche molte conseguenze negative. La visione magica non può, e soprattutto non vuole, sviluppare il senso critico proprio della razionalità; questo però facilita la manipolazione della mente e della vita delle persone da parte di alcuni per questioni spesso di potere, di interesse e di piacere derivante dal potere sugli altri.
Ma dovremmo capire che non ci sono idee innate, non c’è un simbolo, un archetipo che ci domina e che ha influenza su di noi; l’umanità, nel suo vissuto genera idee e simboli, ma si parte sempre dalla realtà, dalla materia, dagli eventi e poi si astrae. E poi, certamente, dopo avere astratto, l’archetipo (il modello originale) che ne viene fuori è capace di influenzare chi ne viene a contatto… e così si perpetua l’archetipo.
Ma veniamo a noi. Gli studi in questa materia ci propongono vari modelli femminili. C’è chi usa uno schema a quattro per un modello di donna, che può essere: madre, matrigna, vergine o seduttrice. C’è chi addirittura ne identifica 12 di modelli: la Madreterra, la Madredivina, l’angelo, la guida spirituale, la musa, la sibilla, l’eretica, la saggia, la guaritrice, l’allevatrice, la strega, l’erotica, l’amazzone.
Vorrei citare qui una classificazione che trovo chiara e facilmente accessibile, quella di Linda Schierse Leonard nel suo libro La donna ferita. Modelli e archetipi nel rapporto padre-figlia.
La Schiersepropone due macro-categorie: la fanciulla eterna e l’amazzone corazzata. Poi divide la prima in: l’adorabile bambola, la ragazza di vetro, l’avventuriera, l’emarginata; la seconda in: la diva, la figlia obbediente, la martire, la regina guerriera.
Trovo interessanti le considerazioni di Linda Schierse e di facile lettura, consiglio di leggerlo se riuscite ancora a trovarlo in libreria, perché è datato 1985. Comunque, se non trovate questo titolo specifico vi invito a cercare qualcosa sull’argomento, se vi interessa, ma credo non possa non interessare le lettrici che da tempo mi seguono e che sanno quanto sia insistente sul principio “Conosci te stesso”, cioè sull’importanza che ha la comprensione profonda di sé per vivere meglio e in modo più libero e consapevole.
Ora, se posso sintetizzare le varie teorie e modelli femminili, sapendo di semplificare eccessivamente al limite del banale e per questo chiedo venia, potrei dire che alla base del tipo amazzone ci sta una donna per la quale l’orgoglio è il nucleo essenziale del suo essere.
Questo orgoglio potrà poi esprimersi in vari modi e in varie forme, anche patologiche (d’altronde tutto ciò che fa parte della natura umana può diventare patologico). Ma è l’orgoglio la cifra, a mio parere, che determina l’animo amazzone.
È su questo che dobbiamo riflettere, mie care amiche, se vogliamo capire meglio certi nostri desideri, certe voglie e ambizioni e, anche, certe frustrazioni. Spesso si attribuisce all’orgoglio una connotazione negativa, ma io credo sia sbagliato, l’orgoglio è la forza interiore dell’individualità e questa non andrebbe mai e poi mai considerata una cosa negativa.
I comportamenti negativi di persone orgogliose derivano da altre cose, da altri limiti, magari da un senso di inferiorità mascherato da orgoglio, o da invidie e cattiverie… queste sì sono cose negative; ma il vero orgoglio personale non è quello che vuole schiacciare l’altro, piuttosto quello che tratta l’altro come individualità, il quale dovrebbe a sua volta essere altrettanto orgoglioso.
Un’amazzone ha uno spirito combattivo e ama combattere con nemici alla pari, non con controparti piagnucolose. La donna amazzone ama comandare, ma, al tempo stesso, ama e brama colui/lei che sarà capace di dominarla. Il vero piacere dell’amazzone sta nella lotta, non nella vittoria fine a se stessa.
Leave a Comment