A Lampedusa un museo dell’immigrazione: Giacomo Sferlazzo lancia la sua idea

Giacomo Sferlazzo, cantautore di talento abitante di Lampedusa, accarezza da tempo un desiderio: realizzare un Museo dell’emigrazione sul territorio della sua isola, da sempre terra di accoglienza e di passaggio, sogno di una vita migliore ma anche frontiera invalicabile, terra di passaggio o di nessuno.

Il suo progetto nasce dal desiderio di dare valore alla vita umana, e soprattutto in questo giorno, all’indomani della terribile strage di immigrati che ha visto protagoniste le acque intorno all’Isola nelle scorse drammatiche ore, sembra avere particolare senso parlarne.

L’idea di Sferlazzo non è quella di realizzare un contenitore di oggetti o di nomi, ma piuttosto un luogo/ non-luogo con diversi fuochi, situati sui punti chiave di Lampedusa stessa, un percorso della memoria. Sono più di 500 anni che il territorio di Lampedusa è teatro di incontri tra culture e religioni, e la cosa che affascina maggiormente il musicista è che questi milioni di persone, nel corso degli anni, sono sempre state di passaggio, perché “su 22 km quadri di isola più di tanti non c’entrano”.

L’idea sarebbe arrivata nel 2009, “tra le barche degli elampedusamigranti abbandonate nella discarica di via Imbricola – dice Giacomo Sferlazzo – Con il gruppo di amici dell’associazione culturale Askavusa abbiamo creato un museo che oggi però è chiuso con tutti gli oggetti che avevamo recuperato negli scafi abbandonati pronti per essere distrutti. Di tutto e di più. Oggetti poveri, di vita quotidiana, scarpe, abiti, coperte, spazzolini da denti, pacchi di pasta”.

Ma non solo oggetti quotidiani, anche lettere, messaggi, e sono proprio queste le cose che “colpiscono e scavano dentro … Si parte per un viaggio disperato e pieno di incognite con le immagini dei cari lasciati per sempre e il libro delle preghiere. Poi gli oggetti struggenti: un biberon, una scarpina, un piccolo salvagente”.