Roar è il titolo dell’ultimo singolo di Kety Perry, un brano che in poco tempo ha ottenuto, in Italia e all’estero, grandi risconti grazie alla sua coinvolgente e stuzzicante musicalità e al suo caratteristico e inusuale videoclip. Parte la musica e lo schermo si riempie di immagini “graffianti”; la giungla, le tigri, i coccodrilli, le liane e una sexy Tarzan con tanto di vestitino leopardato creano un’atmosfera selvaggia, primitiva, astorica.
Katy, donna piacente, versatile e poliedrica con i suoi look accattivanti ed eccentrici, riesce nuovamente ad attirare l’attenzione su di sé e, con il suo ultimo singolo, non passa di certo inosservata. Questa volta, però, a storcere il naso non sono brutali e sadici critici ma gli animalisti del Peta (People for Ethical Treatment of Animals) che “condannano” la Perry e la scelta di girare un così irrispettoso videoclip.
Il filmato, infatti, è stato definito “crudele” per le condizioni in cui versano gli animali utilizzati con l’unico scopo di intrattenere lo spettatore, questi ultimi vengono addomesticati con metodi crudeli e violenti, a dir poco disumani, e soffrono perché costretti a vivere in cattività, in spazi ristretti che impediscono l’esplicarsi della propria natura, del proprio essere animali. Queste insane pratiche di ammaestramento causano seri problemi nell’animale tra cui stress, ansia e atteggiamenti estremamente aggressivi.
Secondo i Peta, inoltre, il Serengeti Ranch, ossia l’espositore che pare abbia fornito gli animali per il video Roar, è stato ispezionato per ben 22 volte dal Dipartimento dell’Agricoltura Usa. Questo dato è certamente allarmante ed è sintomo di un inadeguato e spietato comportamento degli uomini nei confronti del mondo animale, un atteggiamento che, purtroppo, continua a crescere a dismisura e non accenna a nessun tipo di redenzione.
httpv://www.youtube.com/watch?v=CevxZvSJLk8
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