Abolizione dell’albo dei giornalisti pubblicisti: categoria a rischio?

La manovra Salva Italia prevede l’abolizione dell’albo dei giornalisti pubblicisti, preservando solo quello dei giornalisti professionisti, ovvero quelli che hanno sostenuto e superato l’esame di Stato.

giornalisti pubblicisti abolizione alboIn realtà la manovra non è rivolta solo ai più di 80.000 pubblicisti che potrebbero trovarsi dequalificati, ma tutti quegli ordini che non prevedono esame di Stato per stilare i propri elenchi. La data fatidica è il 13 agosto 2011, dopo la quale chi non avrà sostenuto l’esame per accedere all’albo dei professionisti non potrà più svolgere regolarmente il suo lavoro, pena una denuncia per esercizio abusivo della professione. Tutto questo ovviamente in via teorica, o meglio, se la manovra dovesse passare a tutti gli effetti. La notizia tutta via non è nuova, poiché il provvedimento era già inserito nella finanziaria dello scorso Governo Berlusconi, che però ritirò subito la mozione, recuperata poi nell’attuale manovra del Governo Monti.

Quello che affligge in queste ore gli 80.000 pubblicisti italiani è: cosa succederà loro? Cosa sarà di quei pubblicisti più o meno giovani che lavorano, alcuni anche da anni, senza il prestigioso titolo di giornalista professionista, senza i privilegi che il titolo concede, ma con la stessa professionalità e lo stesso impegno? In che modo si potrà dunque avere accesso alla professione, una volta entrata in vigore la nuova norma? Purtroppo gli stessi vertici dell’Ordine non riescono ancora a dare risposte convincenti, ma si possono fare congetture plausibili.

La prima soluzione possibile al problema è una ‘semplice’ sanatoria, in modo da ricollocare i pubblicisti desautorizzati.

Seconda ipotesi plausibile è l’istituzione di un esame di Stato per i pubblicisti esistenti, permettendo loro di passare a giornalisti professionisti, ma questa soluzione porterebbe comunque ad un beneficio momentaneo, senza risolvere il problema a lunga scadenza.

Infine, l’ultima delle ipotesi può essere la liberalizzazione della professione a scapito poi dell’esistenza dell’Ordine stesso, il quale in questi momenti è oggetto di curiosità poiché sembra appartenere a quel bagaglio di antichità e burocrazia che zavorrano l’Italia negli aspetti più vari della sua caratterizzazione socio-economica.

Gli animi, inutile sottolinearlo, sono molto tesi e sicuramente si verificheranno agitazioni nell’ambiente, tuttavia per adesso nulla ancora di certo si può dire. Aspettiamo il 20 gennaio quando dall’Ordine stesso arriveranno le prime certezze e le attese risposte.

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