Ci sono giorno tristi, come quelli che stiamo vivendo da venerdì sera, perché si portano via icone della storia, compagni della vita di tanti. Così, dopo Jannacci, anche Franco Califano cede alla malattia e si spegne nella notte di sabato, lasciando un vuoto nel panorama musicale romano, oltre che artistico italiano. I giovani lo hanno scoperto con l’imitazione di Fiorello, che alla radio s’inventò di essere “er Califfo“, ma Califano è stato il segno di un’epoca di Roma e dell’Italia, quella del boom economico, quella della “Roma Bene”. Ma Franco Califano era troppo “grande” anche per restare in questi canoni, così fu spesso discusse e chiacchierato, oltre che un inguaribile sciupafemmine sempre in cerca di guai.
La canzone che più lo rappresenta è certamente “Tutto il resto è noia” che racchiude l’essenza della vita fuori dalle righe che Califano ha sempre condotto. Per capire lo spirito di quest’uomo basta pensare che come ricorda Fiorello: “Diceva che voleva sulla lapide una sola frase: non escludo il ritorno. E spero che i familiari lo facciano davvero“. Dopo il vuoto di Jannacci a Milano, anche Roma piange il suo cantore e quell’uomo che oscillava sempre tra il rude e il tenero, tanto da aver passato gli ultimi anni tra spettacoli al Sistina e nelle carceri di Roma, dove i detenuti lo amavano oltre misura.
Leave a Comment