L’altra sera ho visto “Il primo respiro”, un documentario bellissimo sulla nascita di un bambino del regista francese Gilles De Maistre, con la voce narrante di Isabella Ferrari. Non è una novità, è uscito nel 2007, ma lo consiglio caldamente a tutte le mamme e i papà in attesa che ancora non lo conoscono.
Frutto di tre anni di lavoro e quindi mesi di riprese, il documentario racconta del parto e del primo respiro, grido (Le primer cri è il titolo in lingua originale) di un bambino che dà inizio a una nuova vita. E lo fa narrando le storie reali di dieci donne di paesi e culture differenti: dalla Francia all’India, dal Giappone alla Siberia, dal Vietnam al Brasile la videocamera viaggia per regalarci immagini precise e delicate delle ore che precedono il parto, organizzato e vissuto secondo tradizioni, rituali e scelte differenti.
Si spazia dalle sabbie gialle e calde del deserto dei Tuareg all’ambiente freddo, asettico e caotico di un reparto di maternità. Dal blu di una piscina abitata da delfini che con il loro sonar rassicurano il bebè ancora nel pancione, al marrone del sacro fiume Gange. Da chi decide di partorire nel modo a cui siamo più abituati (è il caso di una splendida ballerina di Parigi) a chi opta per il parto libero: dare la luce al proprio bambino a casa, accompagnata dai canti degli amici più cari, facendo affidamento solo alla forza dell’essere donna, al potere e alle capacità che la natura ha dato al corpo femminile che partorisce. Da chi affronta il travaglio circondata dall’esperienza e dal sapere di altre donne, a chi si ritrova sola in una stanzetta d’ospedale attendendo il cesareo, a chi ancora vive il parto sotto gli occhi di figli e parenti. Diverse donne ma tutte che si preparano a partorire nella stessa giornata, il 29 marzo del 2006, data in cui si è verificata un’eclissi di sole.
È un documentario che non nasconde il dolore, né quello materno del travaglio né quello della piccola creatura che viene al mondo. E non maschera neppure la paura: le preoccupazione che segue la rottura delle acque si legge chiara negli occhi delle future mamme e dei futuri padri (quando possono o scelgono di esserci). Ma la bellezza dei paesaggi naturali e soprattutto la meraviglia dello sguardo materno che per la prima volta si posa sulla sua creatura e quella del grido alla vita emesso dal bambino appena nato, donano una gioia immensa… un senso di pace. Sono poesia pura. Una grandissima emozione che si sprigiona al momento della nascita: un secondo prima il dolore, i minuti successivi la magia di chi, per la prima volta, condivide con noi l’aria, facendo di una donna una madre e di un uomo un padre.
Concludo con le parole che aprono il documentario, la dolcezza e l’emozione che provocano fa loro da commento: “Secondo una leggenda talmudica, al momento di venire al mondo, il neonato possiede tutte le conoscenze che ha acquisito nelle vite precedenti. In quel momento gli appare un angelo che gli intima di non rivelarle a nessuno. L’angelo posa il dito sul labbro del bambino e il neonato dimentica tutto per entrare nella vita. Del gesto dell’angelo resterà una sola traccia: la piccola fossa tra il labbro superiore e il naso… Ed è in quel momento che il neonato emette il suo primo grido…”
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