La società dell’apparenza (espressione un po’ trita ma efficace) pretende la perfezione. L’uomo (o la donna) non è perfetto eppure cerca quello che gli manca, o che ha in più, nella chirurgia plastica, e se una volta le operazioni per i “ritocchini” erano casi rari e costosi, sono diventati ora sempre più comuni.
Di conseguenza sono aumentate anche le insoddisfazioni che succedono all’operazione e quindi anche le denunce ai chirurghi accusati di non aver fatto bene il loro lavoro. Qualche volta si può trattare di effettivo danno, come il cosiddetto labbro a canotto, o uno zigomo storto, o ancora una cicatrice fastidiosa.
La tendenza pericolosa però, attestata dalla stima fatta per l’Adnkronos Salute da Lucio Cappelli, è quella che riguarda le denunce pretestuose ai danni di un chirurgo che potrebbe passare anche tre mesi in carcere per una procedura del genere.
“Negli ultimi dieci anni c’è stato un aumento del 30% di procedimenti civili a carico di chirurghi plastici ed estetici” – ha detto Cappelli, vicepresidente della Società italiana di chirurgia plastica forense (Sicpf) e consulente del Tribunale di Roma che ha inoltre aggiunto che molte di queste cause diventano penali, mettendo in serio rischio la professione medica di chirurghi e medici.
Per fortuna di medico e paziente, alcuni difetti sono correggibili con un altro intervento, per cui è raro che la quota di risarcimento superi, in genere, i 20-40 mila euro, a dispetto delle centinaia di migliaia di euro richieste dai clienti insoddisfatti. Il vero problema, quando non si è di fronte ad un manifesto errore medico, è che spesso le aspettative di chi si sottopone ad un intervento chirurgico non sono proporzionate ai risultati ottenibili, e da qui il malcontento e la denuncia.
In realtà quello che è davvero da cambiare alla radice è il modo di pensare e pensarsi, il modo di giudicare della società e delle persone verso se stessi e gli altri, ma il percorso è lungo in questo senso e non sempre percorribile.